martedì 21 giugno 2011

Infarto


L'infarto, anche detto attacco cardiaco in linguaggio colloquiale, è causato da un flusso di sangue insufficiente al cuore, con conseguente danno ai tessuti cardiaci del miocardio. L'ischemia o carenza di ossigeno risultante causa la cosiddetta angina del petto. I sintomi dell'infarto sono spesso spesso contraddistinti da un dolore toracico intenso e prolungato che viene percepito come una forte pressione e può diffondersi lungo le braccia, le spalle, la schiena, e persino fino ai denti e alla mascella.
Solitamente il lato del corpo colpito è quello sinistro. In alcuni casi si possono avvertire nausea, vomito, debolezza e sudorazione.

Il miocardio, o muscolo cardiaco, può subire un attacco di cuore quando si è in una fase avanzata di una malattia coronarica.
I vasi sanguigni coronarici possono sviluppare placche di ostruzione che causano un minor flusso di ossigeno e nutrienti al cuore, fino a provocare un angina pectoris (interruzione temporanea del flusso) o a un infarto del miocardio (è un interruzione permanente e irreversibile). L'infarto può essere causato da un'embolia o trombosi: un coagulo viaggia attraverso il sangue fino a ostruire un vaso sanguigno.

La diagnosi
dell'infarto avviene mediante ECG o elettrocardiogramma, che può essere effettuata anche in ambulanza. Passata la fase acuta dell'attacco si può praticare anche un'angiografia coronarica. In casi di infarto la permanenza in ospedale è molto variabile, ma è generalmente compreso tra 7 e 14 giorni.


Una persona su tre persone che soffrono di un attacco di cuore muoiono prima di ricevere cure mediche. Rispetto al passato la possibilità di sopravvivere a un infarto è molto aumentata. Il miglioramento è legato ai progressi fatti nella rianimazione cardiopolmonare e alle cure d'emergenza effettuate efficacemente nelle ambulanze.
La maggior parte di coloro che sono ancora vivi dopo 2 ore dall'attacco sopravvive.

Tuttavia, ci sono diverse possibili complicanze che possono insorgere, come la presenza di un'aritmia cardiaca
. Il trattamento
dell'infarto può includere varie cure, come: uso dell'ossigeno, somministrazione di farmaci analgesici, trombolitici, nitrati e beta-bloccanti.

Herpes genitale


L’Herpes genitale è un virus, tecnicamente parlando individuabile con la sigla HSV – 2. Quando si parla di Herpes, è facilmente intuibile pensare a quell’infezione che colpisce le labbra, e che è denominata HSV–1. Quest’ultimo a suo volta, particolarmente insidioso, può essere responsabile anche dell’herpes genitale, anche se in rare ed eccezionali occasioni. Quando il virus HSV-2 entra nell’organismo è molto difficile debellarlo completamente.

Può capitare, infatti, che questo rimanga per diverso tempo in fase dormiente e standby all’interno del corpo, ed essere improvvisamente risvegliato da alcuni fattori esterni, come ad esempio in seguito ad un periodo di forte stress emotivo, oppure dal ciclo mestruale, oppure risvegliato da altre infezioni patologiche sopravvenute.
La manifestazione di questo virus HSV – 2 quando colpisce per la prima volta, si presenta sotto una forma molto acuta e forte, con evidenti fastidi esterni e fisici, con perfino passaggi di febbre alta. I sintomi evidenti dell’Herpes genitale, sono il bruciore e forte prurito in seguito alla comparsa di vesciche presenti nelle parti intime genitali. Questi eventi chiaramente causano molto fastidio e dolore al soggetto interessato. Quando queste vesciche si rompono, fuoriesce il liquido infetto, che crea a sua volte delle dolorosissime ulcere infettive.
La fase successiva dell’infezione acuta in corso, prevede la comparsa di croste marroni e gialle, che indicano la l’avvicendarsi finale dell’infezione. Dovranno trascorrere ancora un paio di giorni prima che la manifestazione dell’infezione di diminuisca fino a svanire del tutto. L’herpes genitale può essere molto aggressivo la prima volta che aggredisce un fisico nuovo, tal volta anche con episodi gravi di febbre molto alta trasformatesi in esplosioni violente di meningiti, le quali come noto, sono molto pericolose per la salute e vita umana.
Mal di testa e continue emicranie, possono essere il primo chiaro avviso dell’insorgere dell’infezione, così come anche complicazioni date da dolori articolari. Le reazioni successive al virus avranno una sintomatologia nettamente inferiore, rispetto alla prima presenza del contagio. Le manifestazioni del virus HSV-2 si presentano con la sintomatologia esterna sopra citata, ma con effetti meno gravosi per la salute del paziente in oggetto.
I rimedi contro l’herpes genitale, prevedono l’assunzione di antidolorifici e farmaci antivirali, solo nei casi particolarmente gravi. I metodi naturali per contrastare gli effetti dell’infezione, sono racchiusi in pochi e semplici consigli: impacchi con ghiaccio, che servono per far attutire il bruciore e il prurito; così come anche l’utilizzo di materiale assorbente o che hanno effetto asciugante, come farina di mais; oppure ancora l’acqua tiepida leggermente salata. Inoltre sarà compito del vostro medico curante prescrivere delle creme antivirali specifiche che abbiano l’arcano compito di far attutire i sintomi e gli effetti dell’Herpes genitale.
Quest’ultimo inoltre, deve essere trattato con particolare attenzione soprattutto quando la paziente in esame è in stato di gravidanza, in quanto l’infezione potrebbe essere trasmessa al nascituro durante il parto, con effetti molto gravi e pericolosi per la nuova vita che è stata generata. Prevedere il parto con taglio cesareo è senz’altro il metodo migliore di prevenzione per scongiurare qualsiasi tipo di contagio al bambino.
La trasmissione di questo virus avviene tramite rapporti sessuali, ma anche con semplici carezze e baci.

Tuttavia è possibile cercare di evitare di contagiare il partner utilizzando il preservativo, che riduce l’incidenza del contagio 50%. Una percentuale comunque non elevata, che dovrebbe indurre entrambi i partner a non consumare rapporti sessuali durante e soprattutto il periodo acuto dell’infezione.

martedì 14 giugno 2011

Scoliosi

La scoliosi è una malformazione che causa nei pazienti un'anomala curvatura della spina dorsale in direzione scorretta, in quanto essa acquisisce una tipica forma di "S". Non si sa ancora cosa provochi la forma più comune di scoliosi, detta scoliosi idiopatica.
Quando la curvatura è grave, può innescare altri problemi di salute che possono influenzare il cuore, i polmoni e le articolazioni.

Poiché tale condizione può essere ereditaria e rischia di esser un problema a diventare un bellimbusto, è possibile che un figlio contragga tale deformazione se i genitori ne sono affetti. La scoliosi si può sviluppare poco a poco, nella maggior parte dei casi non viene diagnosticata fino a dopo l'età dello sviluppo, dopo i 14 anni. La maggior parte dei casi di scoliosi non richiede trattamento, in alcuni casi invece i medici prescriveranno al paziente di indossare un rinforzo posteriore o svolgere un intervento chirurgico per correggere il problema.

Visto che il problema della scoliosi spesso non fa male o non si verifica all'improvviso, non è facile da diagnosticare.
In alcune scuole i bambini sono sottoposti a test per la scoliosi ma la diagnosi più accurata è fatta dal medico. Nei casi di sospetta scoliosi è bene recarsi da un medico, il quale ci farà effettuare una lastra a raggi X per vedere chiaramente qual'è lo stato della colonna. Forse suggerirà anche di vedere un ortopedico, specialista nel trattamento delle patologie correlate alle ossa.

Una curvatura della colonna da 10 a 15 gradi non richiede alcun trattamento ad eccezione di controlli regolari mentre un angolo di 40 o 50 gradi o più può indicare la necessità di eseguire un intervento chirurgico. Circa il 20% dei bambini con scoliosi deve indossare un tutore, che agisce come un dispositivo di bloccaggio per impedire un ulteriore disallineamento della colonna vertebrale. Con il trattamento adeguato, che si tratti di utilizzare un tutore o fare un intervento chirurgico, la maggior parte dei bambini con scoliosi può condurre una vita normale e attiva.

Alitosi

L'alitosi è un disturbo molto comune che, nella maggior parte dei casi, è causato da un'igiene orale scorretta. L'alito, costituito principalmente da vapore acqueo, assume un odore sgradevole proprio quando non si ha la necessaria cura per la propria igiene della bocca. L'alitosi però, in una piccola parte dei casi, può essere provocata da altre cause, come ad esempio: carie dentali, problemi gastrici, tabagismo, ingestione di alimenti alitogeni, assunzione di alcuni tipi di farmaci (antistaminici,antidepressivi,ansiolitici).

L'alitosi, il 90% delle volte, è transitoria e può essere debellata facilmente con una accurata pulizia della cavità orale, sconfiggendo così i batteri responsabili dei cattivi odori. Nel resto dei casi però l'alitosi è persistente, ed è un sintomo di alcune malattie sistemiche che possono essere anche molto gravi. Perciò, nel caso in cui non si riesca a debellarla migliorando l'igiene orale, è il caso di consultare un medico.

Se l'alitosi è di tipo transitorio, il medico a cui rivolgersi è l'odontoiatra. Infatti è proprio dopo una visita odontoiatrica che il dottore potrà illustrare quali sono i metodi più efficaci per una corretta igiene orale in grado di sconfiggere in breve tempo questo fastidioso disturbo. Da qualche tempo è stato introdotto dagli odontoiatri una strumento chiamato “Halimeter”, in grado di stalibire da quale parte del corpo (naso,bocca o polmoni) proviene il problema dell'alitosi.

Scoprire però di essere affetti da questo fastidioso disturbo non è facile come si pensa, infatti spesso chi ne soffre non riesce a rendersene conto così facilmente. Spesso sono le persone che frequenta assiduamente a fargli notare la presenza del disturbo e, per quanto possa essere imbarazzante, il loro parere risulta spesso attendibile.

L'alitosi è un disturbo che inficia soprattutto le relazioni interpersonali e può provocare nei soggetti che ne soffrono non poco disagio. Consolante è però il fatto che sia un disturbo che può essere eliminato facilmente, seguendo con accuratezza i consigli del proprio dentista e facendo attenzione a non ingerire troppo spesso alimenti o bevande alitogene.

mercoledì 8 giugno 2011

Bruxismo


Quante volte, durante la notte, vi sarà capitato di digrignare i denti? Sicuramente almeno una volta, perciò vogliamo chiarire in dettaglio come è catalogato questa situazione.

Con il nome di bruxismo è definito il digrignamento dei denti, dovuto alla contrazione della muscolatura masticatoria, ede in particolar modo avviene durante le ore di sonno.
Il fenomeno del bruxismo è abbastanza diffuso tra la popolazione e si denota una percentuale compresa tra il 5 ed il 20% che indica il numero di persone che soffrono di questo problema; l'episodio del bruxismo non è avvertito dalla persona interessata ed ha una durata tra i 5-10 minuti. A differenza del soggetto che digrigna i denti, il compagno di letto potrà essere disturbato da tale rumore ed a volta il rumore è così forte da esser udito in altre camere a fianco. Purtroppo, il digrignamento dei denti comporta un danno allo smalto dentale che porta ad un aumento di sensibilità al caldo e al freddo ed, in alcuni casi, anche la pulizia con spazzolino può essere fastidiosa; in altri casi ancora ci sono difficoltà nell'aprire completamente la bocca.
Oggigiorno la causa del bruxismo non è ancora nota, ma ci sono alcune teorie che riguardano l'origine: la prima teoria considera che il bruxismo sia legato allo stress e, a quanto pare, ad alcune persone sembra essere vera questa teoria. Un'altra teoria sul digrignamento dei denti ipotizza che l'interferenze nell'occlusione dentale possano scatenare questo genere di attività come un tentativo di eliminare queste interferenze digrigliandole.

Purtroppo il problema del bruxismo notturno non può essere controllato, ma per pervenire il problema dello smalto dentale rovinato esiste il bite, uno strumento in resina che se messo sui denti, nella parte superiore, riduce gli effetti del digrignamento dei denti.

lunedì 6 giugno 2011

Esame delle urine


ESAME DELLE URINE
Gli esami delle urine sono un’indagine diagnostica molto importante e ovviamente indolore per la persona.
La persona sottoposta ad esame delle urine, deve minzionare in un apposito barattolino sterile comprato in farmacia o in una provetta consegnata direttamente dalla struttura. Solitamente vengono raccolte le prime urine della mattina, quando la persona è a digiuno, dopo un’accurata igiene dei genitali.
L’esame delle urine permette di diagnosticare disfunzioni a carico dei reni, ma anche a carico del cuore e dell’organismo in generale.
È meglio che il campione di urine raccolto venga consegnato alla struttura entro due ore.
Esame fisico delle urine
Nell’esame fisico vengono presi in considerazione:
  • Colore: in condizioni normali il colore deve essere giallo paglierino o ambrato. Tuttavia l’assunzione di alimenti particolari o farmaci ne modifica il colore
  • Aspetto: l’urina dovrebbe essere limpida e trasparente. È torbida quando sono presenti batteri, globuli bianchi, proteine, acido urico o quando sono presenti precipitati
  • Odore: l’odore di ammoniaca indica la presenza di infezione batterica
  • Peso specifico: compreso tra 1010 e 1030
  • Volume: viene considerato quando si esegue un esame delle urine nell’arco di 24 ore. In un adulto sano deve essere di 1300-1500 ml
Esame chimico
Nell’esame chimico delle urine vengono presi in considerazione:
  • Ph: deve essere compreso tra 5.5 e 7.5 (può arrivare a 4.5 in caso di dieta a base di carne e a 8 in caso di dieta vegetariana)
  • Glucosio: deve essere minore di 150 mg/L. Un aumento potrebbe indicare diabete
  • Proteine: devono essere massimo 15 mg/dL anche se in gravidanza raggiungono valori di 50 mg/dL
  • Emoglobina: è la presenza di sangue, che deve essere assente
  • Corpi chetonici: la loro presenza indica nei bambini febbre, negli adulti potrebbe indicare diabete. È presente anche in gravidanza
  • Bilirubina: sostanza prodotta dalla scissione dell’emoglobina. Deve essere assente. La sua presenza è indice di allarme per malattie correlate al fegato e al pancreas
  • Urobilinogeno: in condizioni normali non supera i 0,2 mg/dL
Esame microscopico
Viene valutata la presenza di:
  • Leucociti: indicano infezioni e stati infiammatori in atto